Questa nuova puntata del nostro podcast è dedicata al retail, all’ecologia e agli NFT.Il Retail continua ad innovare e a cavalcare le tendenze che arrivano da tutti i settori, ma nell’ordine le ultime due tendenze sono: quella ecologica e quella degli NFT.
Conciliano?
Se considerassimo il retail come un canale di tendenze coerenti faremmo un grande errore.
Fino al 2005 non sapevamo neppure cosa fosse l’esperienza di acquisto: i brand vendevano e i consumatori compravano in modo utilitaristico.
Poi lo abbiamo capito da consumatori e da operatori del retail: tutto è esperienza, forte, sensoriale, immersiva, dinamica.
E ci sono arrivati tutti i brand, mentre il pubblico si è abituato velocemente, persino al frapputticino rosa e blu al gusto Unicorn di Starbuks.
Nel mentre l’esperienza si è digitalizzata, virtualizzata, ha portato una parte consistente del rapporto tra brand e consumatore o fruitore, on line.
Da qualche anno si è andati completamente oltre al concetto di esperienza per arrivare al senso di appartenenza; al comittment quasi politico di – da che parte sei schierato? –
Apple o Samsung? Nike o Adidas? Volvo o Mercedes?
E i marchi hanno spinto il concetto di appartenenza adottando temi come Black lives matter o contro la violenza, temi di genere e poi il grande tema, quello che riguarda già ora le nostre vite: il tema ecologico.
Così le principali aziende della moda, più di 60 per la precisione, hanno adottato il Fashion Pact riunendosi in una coalizione globale della moda e tessile, insieme ai loro fornitori e distributori; tutti impegnati al raggiungimento di una serie di obiettivi condivisi e focalizzati su tre aree principali: arrestare il riscaldamento globale, ripristinare la biodiversità e proteggere gli oceani.
Ma proprio quando la tendenza sembrava quella giusta, della sostenibilità e della partecipazione ai grandi temi sociali, ecco arrivarne repentinamente una nuova, quella che secondo molti crypto-esperti porterà una vera rivoluzione culturale, quella degli NFT (non fungibile token) strumenti tramite i quali è possibile diventare produttori, venditori e acquirenti di un bene non materiale, ma visuale e sonoro che rappresenti qualsiasi cosa, criptata in modo univoco e di cui esiste un solo proprietario.
Alcune case di moda stanno lavorando alacremente anche su questa tendenza, per rendere virtuali i propri prodotti, creare collezioni che possano diventare espressione d’arte digitale per mostrarle o venderle nei mondi paralleli che iniziano sempre più a popolare la rete.
Ma gli NFT si producono, comprano e vendono solo in cryptovalute e per questo motivo sono estremamente energivori.
Possibile che il retail, la cultura e il mondo stiano correndo a questa velocità?
E possibile che chi più potrebbe fare il bene del pianeta come i 60 amministratori delegati dei marchi di moda del Fashion Pack non siano in grado di tenere per 10 anni la barra a dritta e sposare realmente l’unico tema essenziale della sostenibilità, senza rincorrere la prossima tendenza del momento?